Montecosaro,
Località Montecosaro Scalo, S. Maria a Piè di Chienti
Comune Montecosaro
Località
Montecosaro Scalo
Aperta:
8.00-18.30
Informazioni
Tel.
0733/865241 (Parrocchia)
Visite
Guidate
Tel.
0733/560711 (Centralino del Comune)
Tel.
0733/(IAT)
L'abbaziale
farfense di S. Maria a Pié di Chienti,
detta anche SS. Annunziata, sorge con
ogni probabilità nel X secolo (ante 936) sulla sponda sinistra vicina
all'estuario del Chienti. Secondo le
epigrafi all'ingresso della chiesa e in controfacciata (Avarucci,1975/1990) il committente della ristrutturazione del 1125
fu l'abate Agenolfo o Adenolfo
(1125-1146). Anche in epoche successive fu fatta oggetto di vari
rimaneggiamenti. L'impianto originario della chiesa con cripta fuori terra e
presbiterio sopraelevato collegato con una scala sia alla navata che ai
matronei superiori fu falsato dal restauro degli anni Venti del secolo scorso
che soppresse lo scalone interno di raccordo tra i due piani con l'effetto di
un'inverosimile chiesa doppia. Anche l'attuale facciata in laterizio e il
fianco destro sono conformi alla ristrutturazione settecentesca. E' molto
interessante da un punto di vista planimetrico per il deambulatorio absidale
lungo il quale si aprono tre cappelle radiali secondo il modello borgognone
funzionale alla chiesa di pellegrinaggio riconducibile agli itinerari adriatici
verso il santuario di Monte S. Angelo nel
Gargano e agli imbarchi salentini dei Crociati (Gigliozzi, 1995). Notevole
il Crocifisso ligneo del XV secolo.
L'abbaziale
farfense di S. Maria a Pié di Chienti,
detta anche SS. Annunziata, sorge
sulla sponda sinistra vicina all'estuario del Chienti. La sua fondazione è
da ritenere anteriore al 936, anno in cui risulta citata dal Chronicon Farfense di Gregorio di Catino come possedimento
dell'abbazia di Farfa, sotto la cui
giurisdizione rimase fino al 1477 quando fu ceduta da Sisto IV all'Ospedale di S. Maria della Pietà di Camerino.
Tuttavia sono state avanzate per il manufatto ipotesi di datazione posteriore
comprese tra l'XI e il XII secolo. La Sahler (1995) ha osservato che i
pilastri difformi e inarticolati delle navate rinviano all'XI secolo e a S. Claudio al Chienti. Il Brucher (1987) ha rilevato le tangenze
lombarde della tecnica del laterizio, delle cornici dentellate e persino
dell'uso degli archetti pensili come "davanzali" delle grandi arcate
uniche del matroneo come nel S. Ambrogio
di Milano, che però è posteriore a S. Maria.
Secondo
le epigrafi all'ingresso della chiesa e in controfacciata (Avarucci,1975/1990) il committente della ristrutturazione del 1125
fu l'abate Agenolfo o Adenolfo
(1125-1146). Della chiesa di prima fase romanica (XI sec.) sono conservate
le parti inferiori: gran parte dell'ambulacro basso, i pilastri circolari
dell'abside interna, la parte inferiore delle pareti della navata centrale
inclusi i pilastri dei matronei. Forse un terremoto fece crollare le parti alte
della chiesa e, nel XII secolo, Agenolfo
le fece ricostruire, abside compresa, consolidandole con strutture voltate,
cioè matronei e ambulacro superiore (seconda fase romanica). Questa fase
dovrebbe aver incluso anche una cripta per ottenere un coro sopraelevato, forse
per motivi statici oppure religiosi, cioè per separare il coro dei monaci dai
laici e potenziare il ruolo di chiesa di pellegrinaggio (essendo già nel 964
documentata la venerazione di un'immagine miracolosa della Vergine, Pacini, 1965; Laureati, 1969), anche se la sua attuale
conformazione è trecentesca, in quanto successiva a un crollo di parte della
parete S della navata centrale. Le volte del matroneo dovettero indebolire col
tempo i perimetrali della chiesa, fino a rendere necessaria agli inizi del
Cinquecento (1504-1510) la loro demolizione e la ricostruzione dei fianchi
stessi. Nel XVIII secolo fu rifatto il fianco destro, fu creato lo scenografico
scalone interno di raccordo tra i due piani e fu ricostruita la facciata. La
zona W della navata fu poi sopralzata per i fedeli anche se i restauri del
1927-1928 e quelli del 1950 soppressero la scala centrale di raccordo,
sostituita da due gradinate laterali e il sopralzo. Negli anni Sessanta il
nuovo accesso al piano superiore si costruì attraverso una piccola scala sul braccio
destro del transetto.
Un
elemento di grande interesse è costituito dal fatto che già nella prima fase la
chiesa, con forte anticipazione rispetto al romanico francese ed europeo, fosse
dotata di un ambulacro e, probabilmente, da tre cappelle radiali, modulo
derivato dalle abbaziali di Vignory e
Tournus, dalle cattedrali di Orléans, Charters e Rouen, mediati secondo la Gigliozzi (1995) dagli esempi italiani
della cattedrale di Aversa (XI sec.)
e dall'abbazia di S. Antimo di
Castelnuovo dell'Abate (1118). Alla Borgogna sembrano ricondursi anche i
massicci pilastri circolari dell'abside (galleria
di Tournus, navata di Chapaize).
La
pianta si articola in tre navate di dieci campate. Le navate laterali, con
volte a crociera, sono raddoppiate in altezza dai matronei, e ambedue i piani
si collegano ad oriente in un ambulacro che circonda l'abside interna e si
proietta ad E con tre cappelle radiali semicircolari. Due cappelle ulteriori,
decorate da affreschi quattrocenteschi di incerta attribuzione e attualmente
dotate di un piano alto, sporgono a N e a S prima dell'attacco dell'ambulacro,
come un originale pseudotransetto: la settentrionale è quadrata, la meridionale
è absidata. La navata centrale, coperta a capriate, è invece solo parzialmente dotata di un piano
superiore; la prima campata forma un atrio con piano alto che collega a W le
cappelle laterali; le campate dalla seconda alla sesta sono invece libere in
altezza senza solaio intermedio; quelle dalla settima alla decima sono di nuovo
dotate di un piano voltato che separa in altezza una cripta inferiore da un
coro superiore, entrambi conclusi dall'abside interna.
Bibliografia: Pacini R., Monumenti del periodo romanico nelle Marche, in: Atti dell'XI Convegno di Storia dell'Architettura (Marche 6-13 Settembre 1959), Roma 1965, pp. 151-152; Laureati F., Storia ed arte in terra di Montecosaro, Macerata 1969; Brucher G., Die sakkkrale Baukunst Italiens im 11. Un 12. Jahrhundert, Koln 1987, pp. 204-205; Re G., Montirtoni A., Mozzoni L., Le abbazie. Architettura abbaziale nelle Marche, Ancona 1987, pp. 206-213; Montirtoni A., Mozzoni L., Arte medievale benedettina nella provincia di Macerata, Macerata 1990, pp. 194-207; Favole P., Le Marche, Vol. 14 - Italia romanica, Jaca Book, Milano 1993, pp. 189-197; Gigliozzi M. T., in Mariano F. (A cura di), Architettura nelle Marche dall'età classica al liberty, Fiesole 1995, pp. 156-157; Sahler H., Buchbersprechung a Paolo Favole: Le Marche, "Zeitschrift fur Kunstgeschichte", 58 (1995), pp. 269-270; Sahler H., San Claudio al Chienti und die romanischen Kirchen des Vierstutzentypus in den Marken, Munster 1998, pp. 195, 198; Castignani C., Cicconi R., Montecosaro a S. Maria di Chienti nei documenti dei secoli XIV-XV, in Atti del XXXIII Convegno di Studi Maceratesi (Potenza Picena 22-23 Novembre 1997), Macerata 1999 (Studi Maceratesi 33), pp. 683-810; Avarucci G., S. Maria a Pié di Chienti, Montecosaro 1999; Piva P., Patrimonio artistico-italiano Marche Romaniche, Jaca Book, Milano 2003, p. 69-83.
T. Marozzi
L'intera schedatura sulle abbazie della Provincia di Macerata a cura di T. Marozzi è disponibile sul sito TUMA - Il turismo culturale in provincia di Macerata
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