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mercoledì 13 maggio 2015

Montecosaro, Località Montecosaro Scalo, S. Maria a Piè di Chienti

Montecosaro, Località Montecosaro Scalo, S. Maria a Piè di Chienti

Comune Montecosaro
Località Montecosaro Scalo
Aperta: 8.00-18.30
Informazioni
Tel. 0733/865241 (Parrocchia)
Visite Guidate
Tel. 0733/560711 (Centralino del Comune)
Tel. 0733/(IAT)

L'abbaziale farfense di S. Maria a Pié di Chienti, detta anche SS. Annunziata, sorge con ogni probabilità nel X secolo (ante 936) sulla sponda sinistra vicina all'estuario del Chienti. Secondo le epigrafi all'ingresso della chiesa e in controfacciata (Avarucci,1975/1990) il committente della ristrutturazione del 1125 fu l'abate Agenolfo o Adenolfo (1125-1146). Anche in epoche successive fu fatta oggetto di vari rimaneggiamenti. L'impianto originario della chiesa con cripta fuori terra e presbiterio sopraelevato collegato con una scala sia alla navata che ai matronei superiori fu falsato dal restauro degli anni Venti del secolo scorso che soppresse lo scalone interno di raccordo tra i due piani con l'effetto di un'inverosimile chiesa doppia. Anche l'attuale facciata in laterizio e il fianco destro sono conformi alla ristrutturazione settecentesca. E' molto interessante da un punto di vista planimetrico per il deambulatorio absidale lungo il quale si aprono tre cappelle radiali secondo il modello borgognone funzionale alla chiesa di pellegrinaggio riconducibile agli itinerari adriatici verso il santuario di Monte S. Angelo nel Gargano e agli imbarchi salentini dei Crociati (Gigliozzi, 1995).  Notevole il Crocifisso ligneo del XV secolo.

L'abbaziale farfense di S. Maria a Pié di Chienti, detta anche SS. Annunziata, sorge sulla sponda sinistra vicina all'estuario del Chienti.  La sua fondazione è da ritenere anteriore al 936, anno in cui risulta citata dal Chronicon Farfense di Gregorio di Catino come possedimento dell'abbazia di Farfa, sotto la cui giurisdizione rimase fino al 1477 quando fu ceduta da Sisto IV all'Ospedale di S. Maria della Pietà di Camerino. Tuttavia sono state avanzate per il manufatto ipotesi di datazione posteriore comprese tra l'XI  e il XII secolo. La Sahler (1995) ha osservato che i pilastri difformi e inarticolati delle navate rinviano all'XI secolo e a S. Claudio al Chienti. Il Brucher (1987) ha rilevato le tangenze lombarde della tecnica del laterizio, delle cornici dentellate e persino dell'uso degli archetti pensili come "davanzali" delle grandi arcate uniche del matroneo come nel S. Ambrogio di Milano, che però è posteriore a S. Maria.
Secondo le epigrafi all'ingresso della chiesa e in controfacciata (Avarucci,1975/1990) il committente della ristrutturazione del 1125 fu l'abate Agenolfo o Adenolfo (1125-1146). Della chiesa di prima fase romanica (XI sec.) sono conservate le parti inferiori: gran parte dell'ambulacro basso, i pilastri circolari dell'abside interna, la parte inferiore delle pareti della navata centrale inclusi i pilastri dei matronei. Forse un terremoto fece crollare le parti alte della chiesa e, nel XII secolo, Agenolfo le fece ricostruire, abside compresa, consolidandole con strutture voltate, cioè matronei e ambulacro superiore (seconda fase romanica). Questa fase dovrebbe aver incluso anche una cripta per ottenere un coro sopraelevato, forse per motivi statici oppure religiosi, cioè per separare il coro dei monaci dai laici e potenziare il ruolo di chiesa di pellegrinaggio (essendo già nel 964 documentata la venerazione di un'immagine miracolosa della Vergine, Pacini, 1965; Laureati, 1969), anche se la sua attuale conformazione è trecentesca, in quanto successiva a un crollo di parte della parete S della navata centrale. Le volte del matroneo dovettero indebolire col tempo i perimetrali della chiesa, fino a rendere necessaria agli inizi del Cinquecento (1504-1510) la loro demolizione e la ricostruzione dei fianchi stessi. Nel XVIII secolo fu rifatto il fianco destro, fu creato lo scenografico scalone interno di raccordo tra i due piani e fu ricostruita la facciata. La zona W della navata fu poi sopralzata per i fedeli anche se i restauri del 1927-1928 e quelli del 1950 soppressero la scala centrale di raccordo, sostituita da due gradinate laterali e il sopralzo. Negli anni Sessanta il nuovo accesso al piano superiore si costruì attraverso una piccola scala sul braccio destro del transetto.
Un elemento di grande interesse è costituito dal fatto che già nella prima fase la chiesa, con forte anticipazione rispetto al romanico francese ed europeo, fosse dotata di un ambulacro e, probabilmente, da tre cappelle radiali, modulo derivato dalle abbaziali di Vignory e Tournus, dalle cattedrali di Orléans, Charters e Rouen, mediati secondo la Gigliozzi (1995) dagli esempi italiani della cattedrale di Aversa (XI sec.) e dall'abbazia di S. Antimo di Castelnuovo dell'Abate (1118). Alla Borgogna sembrano ricondursi anche i massicci pilastri circolari dell'abside (galleria di Tournus, navata di Chapaize).
La pianta si articola in tre navate di dieci campate. Le navate laterali, con volte a crociera, sono raddoppiate in altezza dai matronei, e ambedue i piani si collegano ad oriente in un ambulacro che circonda l'abside interna e si proietta ad E con tre cappelle radiali semicircolari. Due cappelle ulteriori, decorate da affreschi quattrocenteschi di incerta attribuzione e attualmente dotate di un piano alto, sporgono a N e a S prima dell'attacco dell'ambulacro, come un originale pseudotransetto: la settentrionale è quadrata, la meridionale è absidata. La navata centrale, coperta a capriate,  è invece solo parzialmente dotata di un piano superiore; la prima campata forma un atrio con piano alto che collega a W le cappelle laterali; le campate dalla seconda alla sesta sono invece libere in altezza senza solaio intermedio; quelle dalla settima alla decima sono di nuovo dotate di un piano voltato che separa in altezza una cripta inferiore da un coro superiore, entrambi conclusi dall'abside interna.


Bibliografia: Pacini R., Monumenti del periodo romanico nelle Marche, in: Atti dell'XI Convegno di Storia dell'Architettura (Marche 6-13 Settembre 1959), Roma 1965, pp. 151-152; Laureati F., Storia ed arte in terra di Montecosaro, Macerata 1969Brucher G., Die sakkkrale Baukunst Italiens im 11. Un 12. Jahrhundert, Koln 1987, pp. 204-205; Re G., Montirtoni A., Mozzoni L., Le abbazie. Architettura abbaziale nelle Marche, Ancona 1987, pp. 206-213; Montirtoni A., Mozzoni L., Arte medievale benedettina nella provincia di Macerata, Macerata 1990, pp. 194-207; Favole P., Le Marche, Vol. 14 - Italia romanica, Jaca Book, Milano 1993, pp. 189-197; Gigliozzi M. T., in Mariano F. (A cura di),   Architettura nelle Marche dall'età classica al liberty, Fiesole 1995, pp.  156-157; Sahler H., Buchbersprechung a Paolo Favole: Le Marche, "Zeitschrift fur Kunstgeschichte", 58 (1995), pp. 269-270; Sahler H., San Claudio al Chienti und die romanischen Kirchen des Vierstutzentypus in den Marken, Munster 1998, pp. 195, 198; Castignani C., Cicconi R., Montecosaro a S. Maria di Chienti nei documenti dei secoli XIV-XV, in Atti del XXXIII Convegno di Studi Maceratesi (Potenza Picena 22-23 Novembre 1997), Macerata 1999 (Studi Maceratesi 33), pp. 683-810; Avarucci G., S. Maria a Pié di Chienti, Montecosaro 1999; Piva P., Patrimonio artistico-italiano Marche Romaniche, Jaca Book, Milano 2003, p. 69-83.

T. Marozzi

L'intera schedatura sulle abbazie della Provincia di Macerata a cura di T. Marozzi è disponibile sul sito TUMA - Il turismo culturale in provincia di Macerata

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