Il tramonto e l’alba sono il davanti e il dietro dello stesso
fenomeno: mentre noi che stiamo di qua guardiamo
il tramonto; quelli che stanno di là vedono l’alba.
BRUNO MUNARI, Disegnare il sole
01. I
LATI DI CITTÁ
Il quesito che si apre in questa sezione è:
- si può parlare di lati quando ci riferiamo ad una città?
Un modo per iniziare è mettersi a pensare la città in termini geometrici, secondo varie opzioni:
1) una figura in due dimensioni, che si fa guardare come si guarda un foglio di carta. Non possiamo attraversarla perché non c’è spessore, manca la profondità, e spostandosi dall’altra parte si può guardare il retro del foglio, il suo rovescio.
2) un solido poliedrico, sfaccettato, tanto più complesso quante più facce ha. Il solido è opaco e denso, bisogna girarci attorno per scoprirne tutti i lati, altrimenti quelli opposti rimangono nascosti.
3) stesso solido, ma trasparente. Non importa spostarsi, cambiare di posizione, girarsi attorno per vedere le parti nascoste: tutti i lati si rivelano, basta allontanarsi un po’ e fissare lo sguardo per avere questa appagante visione d’insieme.
4) il solido è cavo, ha un esterno e un interno. Solo se mi metto all’interno vedo che ogni lato ha un’altra faccia, il rovescio di quella esterna.
5) la città non ha lati o facce distinte, né interno né esterno: la sua forma è curva e avvolgente come la superficie di Möbius, i nostri sguardi si posano senza poterla penetrare, perché ci troviamo già all’interno, né possiamo uscire da questa visione perché siamo già anche all’esterno.
6) …
Ci si può anche allontanare da questi luoghi geometrici, e allora l’immagine della città si trasforma ispirata da altri modelli, da altre discipline, e pure dalla fantasia, e si fa forse più vicina alla realtà cosiddetta ‘attuale’.
Italo Calvino, nel suo meraviglioso libro ‘Le città invisibili’, ci ha regalato un vasto repertorio di città irreali, che non è altro che un elenco di possibilità di poter pensare le città reali, di poterle ancora immaginare, quindi di farle esistere.
Moriana ci appare come una città-foglio di carta, con due lati, uno il rovescio dell’altro. Senza prospettiva.
Anche Despina ha due facce, due volti che dipendono dall’occhio di chi la guarda, dal suo desiderio.
Marco Polo: -…Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.
- Io non ho desideri né paure,- dichiarò il Kan, - e i miei sogni sono composti o dalla mente o dal caso.
- Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
- O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge.
(da I.Calvino, Le città invisibili)
Qui di seguito vengono aggiunte due vedute fotografiche di una città, viste da uno stesso occhio ma scattate da due posizioni opposte.
Mi viene da pensarle come due cartoline inviate dallo stesso luogo di vacanza da due turisti con gusti diversi. Sul retro delle cartoline c’è scritto “SALUTI DAL LATO A” e “SALUTI DAL LATO B”.
Vincenzo Squadroni
Citazioni
In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi da mare.
Il cammelliere che vede spuntare all’orizzonte dell’altipiano i pinnacoli dei grattacieli, le antenne radar, sbattere le maniche a vento bianche e rosse, buttare fumo i fumaioli, pensa a una nave, sa che è una città ma la pensa come un bastimento che lo porti via dal deserto, un veliero che stia per salpare, col vento che già gonfia le vele non ancora slegate, o un vapore con la caldaia che vibra nella carena di ferro, e pensa a tutti i porti, alle merci d’oltremare che le gru scaricano sui moli, alle osterie dove equipaggi di diversa bandiera si rompono bottiglie sulla testa, alle finestre illuminate a pianterreno, ognuna con una donna che si pettina.
Nella foschia della costa il marinaio distingue la forma d’una gobba di cammello, d’una sella ricamata di frange luccicanti tra due gobbe chiazzate che avanzano dondolando, sa che è una città ma la pensa come un cammello dal cui basto pendono otri e bisacce di frutta candita, vino di datteri, foglie di tabacco, e già si vede in testa a una lunga carovana che lo porta via dal deserto del mare, verso oasi d’acqua dolce all’ombra seghettata delle palme, verso palazzi dalle spesse mura di calce, dai cortili di piastrelle su cui ballano scalze le danzatrici, e muovono le braccia un po’ nel velo e un po’ fuori dal velo.
Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e così il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti.
(I.Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano 1995, pp. 17-18)
Guadato il fiume, valicato il passo, l’uomo si trova di fronte tutt’a un tratto la città di Moriana, con le porte d’alabastro trasparenti alla luce del sole, le colonne di corallo che sostengono i frontoni incrostati di serpentina, le ville tutte di vetro come acquari dove nuotano le ombre delle danzatrici dalle squame argentate sotto i lampadari a forma di medusa. Se non è al suo primo viaggio l’uomo sa già che le città come questa hanno un rovescio: basta percorrere un semicerchio e si avrà in vista la faccia nascosta di Moriana, una distesa di lamiera arrugginita, tela di sacco, assi irte di chiodi, tubi neri di fuliggine, mucchi di barattoli, muri ciechi con scritte stinte, telai di sedie spagliate, corde buone solo per impiccarsi a un trave marcio.
Da una parte all’altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il suo repertorio d’immagini: invece non ha spessore, consiste solo in un dritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né guardarsi.
(I.Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano 1995, pag. 105)